Sam & Sara

“Ciò che è storto non si può raddrizzare
e quel che manca non si può contare.”

A volte mi chiedi: a cosa serve? E io fingo di non sapere la risposta, e invece so che non serve a nulla. La differenza fra le due cose c’è, ma è minuscola: nel non sapere servirebbe cercare, nel non servire, cosa cercheremmo? Forse un modo di dimenticare.

Ecco, così è fra il maestro e l’allievo, così è fra il giovane e il vecchio: l’uno cerca nell’altro il sapere, l’altro nell’uno l’oblio.

“Il saggio ha gli occhi in fronte,
ma lo stolto cammina nel buio.
Ma so anche che un’unica sorte
è riservata a tutt’e due.”

Quando ero giovane fui colto da una visione: mi allontanai dagli amici, vidi nell’ombra di un vecchio albero la mia tomba, in attesa. Capii che la mia strada era circolare, che avrei passato il mio tempo a camminare in tondo. Non avevo ancora le parole per dirlo, ma la sensazione era chiara: nulla di ciò che esiste è, alla maniera di ciò che sembra essere, quando tagliamo con la finta lama dell’opinione il vero dal falso.

Una domanda mi è stata rivolta, venti ore fa: “mi sembra che il tuo pensiero sia affine al pensiero debole, che ne dici?”. Eppure secondo il concetto il pensiero non è misurato in forza o in debolezza. Solo la sua torsione manifesta la discrepanza, il desiderio. La potenza assoluta, il vuoto abissale, sono entrambi oltre il pensiero, e così l’impotenza e il trauma rimangono nascosti al di sotto di esso.

Ho continuamente ottime idee: pensavo ad esempio che se non si può partire dal concetto, si potrà partire dalla massa: una vera schizoanalisi comincia mettendo Parmenide a testa in giù, dichiarando che l’Uno non esiste, che il Soggetto non esiste, che sempre c’è una collezione. C’è chi ha fatto cose del genere, già: ottimo lavoro, Badiou, con la nozione di Situazione. Ma non ancora fino in fondo, no: nel trascendentale si annida ancora un intelletto che conta-per-uno: un operatore che è già uno prima del conto. Si tratta di fare un salto più oltre, dopo tutto.

Mi dispiace non poter offrire uno schema. Se vuoi, portami i tuoi e io li strappo. Quando qualcosa raggiunge la maturazione marcisce. Quando il sistema è costruito, esso crolla. L’enantiodromia universale non è una legge, è solamente ciò che accade al di là e al di quà di ogni legge. Non si può legiferare il paradosso senza rendere paradossale il legiferare eccetera.

Un modo corretto, ma anche qui non fino in fondo, è quello che Agamben mi ha detto una volta: immaginare la rivoluzione come un passo di danza. Ecco, un atto gratuito. Ma che cos’è un’atto di danza? Naturalezza deliberata? Rileggerò Barba, o magari Delsarte, o Bene, e anche lì ritroverò incessantemente il paradosso.

Soprattutto nella scienza del paradosso, che è arte, occorre essere istruiti. Ma questo genere di istruzione distrugge. Come il Chi Kung, mira al risultato come originario, e presume che si sia già stati prima di essere – Platone la risolve con la metempsicosi, e nel momento in cui si pensa che essa sia innecessaria si sottrae alla storia della Metafisica tutto un certo sapore.

La verità è che se pensate che il pensiero, la coscienza eccetera siano edificanti, siete folli. Se pensate che la vita sia un valore assoluto, siete folli. Se pensate che il mondo sia reale, siete folli. Se pensate che la verità sia dicibile siete folli. La verità è che la verità è che.

“Una mosca morta guasta l’unguento del profumiere:
un pò di follia può contare più della sapienza e dell’onore.”

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