Nemici meccanici – Hate Dolls

Ho deciso che ti odio perchè mi annoio troppo.

Ho deciso che muori perché questa è una cosa importante che posso fare con la mia forza, e mi riguarda ma anche no.

“Mannaggia quando litigo con i miei amici e tiro Bourdieu per terra e poi alla fine il patriarcato sono proprio io, bello e cattivo come un pastore di cabilia ma almeno il coltello l’avevo lasciato a casa.”

Mica Buddha giocava a tressette. Ammazzava demoni con lo sguardo, un milione di crocifissioni e un frassino acuminato. Destino. Ti tocca. Come chi fa il tuffo nello Stige e non lo rivedono più. Invulnerabile alle stronzate che pensi e che dici. Figlio di una serpe come tutti i miei amici.

Scherzo, comunque. Io non ho mai dovuto leccare per mangiare, non ho mai dovuto succhiare per spruzzare, non ho mai dovuto sputare per strofinare, non ho mai dovuto pregare per iniettare. Sono un povero, piccolo, borghese, di quelli che ti sparano e poi chiedono scusa alla Santissima Trinità, di quelli che vogliono banconote di piccolo taglio e cocaina pura per farsi delle grasse risate alla faccia di.

Il grafo del desiderio era una scusa: bastava conoscere i livelli per capire che in fondo il girone infernale è solo quello di ritorno, e quando il coro grida forte “Libertà per Barabba”, e “più sbirri martiri” ti senti fortissimo, ma mamma poi china gli occhi e le tremano le mani il giorno dell’arresto, e ti senti una merda comunque.

Ogni ora in galera è la stessa ora. Niente redenzione: tutto perso. Niente assoluzione: tutto quello che arriva è compostato e sepolto in una discarica mefitica, eterna.

La vendetta è impossibile. Il colpevole non ha abbastanza sangue da cavare, non ha abbastanza pelle da strappare, non ha abbastanza ossa da spezzare, non ha abbastanza teste da tagliare.

E allora?

Ho deciso che ti ammazzo per ridere. Perché non so più farlo, e ogni volta che ci provo mi vieni in mente e le labbra mi si fanno amare.

Non ne ho più voglia, sai? Fai l’amore con qualcun altro. Conosco un tizio che ti fa quelle cosette che ti piacciono, se glielo chiedi. Con le candele nere e le maschere, con le tuniche e le chiese sconsacrate e i mitra e i documenti falsi. Conosco uno che ti fa quelle cosette che ti piacciono, se glielo chiedi. Con la lingua e le fruste e i conti crittati alle Cayman.

Sei nuovo nel blocco? Ora ti facciamo fare un giro noi, non ti preoccupare. C’è una formalità, però.

Devi morire, prima.

Para-philos e bombe kappa

“Denza Faradenza
La bokka de lä cokka
Grande love-ua and ribaua villa vida loca
Gusto rico dante
Pereto presto power
Karma denza purra kawa konnichiwa-ua”

Little Big, Faradenza

Eravamo sul ciglio del dramma già da un po’, ma non stavamo male. Le ossa non troppo scricchiolanti, il cuore tutto sommato integro.

Il problema era in primo luogo politico: il saggio Luis, di ritorno dai suoi viaggi in oriente, declamava leggendo da un librone brossurato benché malridotto: “O sole divino di Tabriz! Nessuno è sobrio, quando tu sei; atei e credenti sono ubriachi, asceti e libertini sono ebbri!” e nel frattempo la giunta aveva prosciugato i fondi Destinati al Disastro, e davvero non erano rimasti che i conti del puttaniere, e una manciata di tarli a rosicchiare il Grande Tabernacolo, nel quale ammuffivano lieti i resti del Divino Profeta.

Non c’erano storie rimaste da raccontare, dopo tutto. A furia di sedere nel loto, le ginocchia mi dolevano come trafitte da aghi spuntati, e quasi disperavo che mi sarei rialzato. Leggendo dal suo solito librone brossurato, benché malridotto, il venerabile Luis trionfante esclamava: “un corpo per metro quadrato di superficie utile ossia duecento corpi per fare cifra tonda. Corpi dei due sessi e di ogni età dalla vecchiaia fino alla più tenera età. “

Non capisco più nulla. Forse il salmodiare che si sente appena, nell’andirivieni crepuscolare, il mormorio di moltitudini, è invece il grido di un solo folle, posseduto da innumerevoli anime. Forse nella luce che si fa opaca, come polvere, corpuscoli capaci infine di fermarsi, di depositare la propria sostanza lattea sulla pietra nuda della cella monacale, sulla lussuriosa distesa di marmi della sala del trono, sulle piastrelle dozzinali dell’androne condominiale – scala B – forse infine è l’apocalisse che striscia quì e là. Forse Luis sta continuando a leggere, dal suo librone brossurato, ma molto, molto lontano, mentre le pupille stanche – le mie? – ormai da troppo tempo non fissano nulla, ma piuttosto si perdono, inerti, nel buio delle palpebre. “Ora Karl piangeva baciando la mano del fochista, poi prese quella mano screpolata e quasi priva di vita e la premette su una guancia, come se fosse un tesoro al quale doveva rinunciare”.

Eppure c’erano rivolte, da progettare. Lo ricordo con chiarezza: era mattino, e sui volti la determinazione stampava linee precise, contraeva mascelle, raccoglieva sopracciglia in rughe verticali, incise come da una lama. Si, c’era tutto: la rabbia, pulita, affilata, di chi ha ragione, e un piano. Che bello, che bello! Quasi mi commuovo ancora, al pensiero. E poi? Non dirmi che abbiamo perso, non ripeterlo, giuro che ti pesto forte e duro, giuro che ti sbatto a quel muro, e pianto il mio santo pugno contro il tuo immondo grugno. Questo, vedi? Questo genere di bicolore giusto/e/sbagliato, santo/e/sacrilego, questa roba di inestimabile correttezza, è finita in un marmellatone di tradimento, e compromesso. Sia dannata la bi-logica e tutte le sue giravolte. Sia dannato Dio Toreador e le sue Sante Veronicas. Ecco tutto. Io me ne sto seduto, e ho smesso da secoli di sperare che il Satori mi caschi sul cranio come un vaso di gerani dal sedicesimo piano.

Quello che c’è, è quello che c’è. E basta. Come ha detto il vecchio ebreo olandese, quello che costruiva occhiali, sempre lui. E anche tutti gli altri. E tanto non capirò, non capirete, finché non sarà consumato anche l’ultimo brandello di Umanità Residuale. Per quello siamo quì, a guardare lo spettacolo, no? Non leggerai queste parole, vero? Sono proprio in fondo a quello stupidissimo librone brossurato, sopravvissuto ai secoli, rinchiuso nello scrigno cardiaco di ogni Vero Credente. Non leggerai queste parole. Legioni di dèmoni te lo impediranno, le coorti del Pandemonio che è la girandola eterna, intorno all’Unico Punto Fermo, che è ancora, incidentalmente.

La fine.